Che cosa è il matrimonio da un punto di vista psicologico?
L’amore coniugale è l’amore tra un uomo ed una donna, uniti in matrimonio. Il matrimonio, dal punto di vista psicologico, non è costituito dalla semplice constatazione della presenza del sentimento amoroso, per quanto intenso (amiamo realmente molte persone a cui non simo sposati), ma dall’accettazione di un legame, dalla sottoscrizione di un impegno nei confronti dell’altro. Non è l’amore a fare il matrimonio, ma lo scambio di promesse con cui due persone si “legano”, con cui si impegnano reciprocamente a favore dell’altro. Dato il sentimento amoroso (necessario), il matrimonio psicologico è costituito dall’assunzione di un impegno nei confronti dell’altro, dalla sottoscrizione di un debito a suo favore che si intende liberamente onorare. Non siamo sposati perché ci amiamo, ma perché, amandoci, ci leghiamo attraverso lo scambio di una reciproca promessa.
Che cosa si promettono gli sposi nel matrimonio?
La promessa di amare non può avere come contenuto l’impegno a provare un sentimento, ma l’impegno, questo sì promettibile, di aiutare l’altro a realizzarsi come persona e di lasciarsi aiutare da lui a realizzarci. Aiutare l’altro a realizzarsi spesso può significare doverlo “riscattare”, liberare da alcuni condizionamenti che lo limitano, lo sviano, gli fanno perdere tempo. L’amore conosce l’Io attuale dell’altro, ma possiede anche una misteriosa intuizione di ciò che l’altro potrebbe essere se solo si liberasse dai condizionamenti che lo imprigionano. E’ come se l’amore vedesse le potenzialità realizzative dell’altro, ne intuisse la bellezza ancora non completamente svelata.
L’amore non è solo fatto di vicinanza emotiva, comprensione (aspetto femminile dell’amore), ma anche di forza, di volontà di lottare, perché l’altro sia libero di vivere la parte migliore di sé (aspetto maschile dell’amore). Per fare questo è necessario essere coraggiosi, pagare il prezzo della lotta, spesso l’incomprensione della persona stessa che si intende aiutare.
Ma la promessa vincola anche a lasciarsi aiutare dall’altro a diventare la persona che dovremmo essere. Onorare la promessa di lasciarci amare è altrettanto e forse più difficile che cercare di amare il coniuge. Accettare la promessa amorosa del coniuge significa dire all’altro: decido che mi lascerò aiutare da te e proprio da te a realizzarmi, dando alle tue parole un peso, un’importanza come a quelle di nessun altro. Ed anche: partirò dal presupposto che le cose che vorrai dirmi, le dirai per il mio bene, nel mio interesse, mi fiderò di te, ti crederò.
Dunque la promessa che unisce in matrimonio è duplice: la promessa di amare l’altro e lasciarsi amare dall’altro. Dobbiamo fedeltà ad entrambe queste promesse! Non sono i sentimenti a tenere vivo il matrimonio, ma è la tensione a onorare la promessa che lo mantiene vivo; e questa tensione mantiene vivi anche i sentimenti.
Come mantenere fede alla promessa matrimoniale?
Lo strumento essenziale con cui si aiuta il coniuge è il dialogo, nelle due forme essenziali con cui favorisce la realizzazione dell’altro: la critica e la valorizzazione.
1) La critica
Il dialogo coraggioso e libero fa crescere l’altro, non lo lascia vittima dei suoi difetti, delle sue debolezze o dei suoi errori. Il sincero dono di sé che realizza il matrimonio è possibile solo dicendo sinceramente cosa si pensa dell’altro. Ciò presuppone una libertà psicologica che spesso possediamo in misura limitata o francamente insufficiente. E’ libero chi ama più la verità e la giustizia del coniuge stesso al punto che per favorire il suo bene non teme di “ferirlo e di dispiacergli”. Non c’è alcun amore senza giustizia e senza verità. L’amore non impone di non vedere e non capire, richiede di essere svegli e di non sovrascrivere la propria coscienza. Le parole dell’amore possono essere dolci, rispettose e delicate, ma senza sconti sulla verità. Per realizzare il bene dell’altro, è necessario dire ciò che egli deve sentirsi dire, anche se non gli piace. Spesso l’amore impone di offrirsi liberamente al dolore dell’incomprensione. Se è condizionato dalla paura delle conseguenze, delle ritorsioni, che induce a tacere anziché a dire, non è disinteressato e dunque non è autentico.
D’altra parte non è facile nemmeno lasciarci amare dal coniuge. Quando infatti il partner ci prova davvero a renderci migliori, mettendoci in discussione e mostrandoci le nostre contraddizioni, generalmente non gliene siamo molto grati.
2) La valorizzazione
La promessa matrimoniale ci chiede di onorare l’altro (“prometto di amarti e di onorarti”), di riconoscere il merito, il positivo che l’altro ha. Tutti abbiamo bisogno di essere visti da qualcuno che intuisce il loro vero valore e di essere confermati nella nostra reale positività. Spesso abbiamo bisogno di una persona che intuisca l’immagine originale di noi stessi, che ci aiuti a superare le percezioni difettose della nostra identità consegnateci dai nostri genitori. A volte lo sguardo dell’altro ci è necessario per correggere e rendere più autentica l’immagine che noi abbiamo di noi stessi, che può essere parzialmente deformata dalle relazioni educative che abbiamo vissuto. Lo sguardo del coniuge può aiutarci a capire chi siamo per davvero, e in cosa consiste il nostro vero valore. Tutti abbiamo bisogno di essere confermati: aiutati a scoprire chi siamo e come siamo fatti.
E Dio che centra? (ovvero il matrimonio sacramento)
Il lavoro sui punti deboli del nostro carattere non è solo un lodevole tentativo di diventare delle persone migliori, ma è la condizione perchè Dio possa prendersi cura, attraverso di noi, dell’altro. Poiché Egli ha deciso di servirsi di noi, della nostra umanità e del nostro carattere per promuovere la riuscita del nostro partner e “salvarlo”, per quell’anticipo di salvezza costituito da una vita serena e realizzata. La consapevolezza psicologica dei nostri limiti ed il sano dispiacere che ne deriva è già un regalo suo, parte di quell’ aiuto promesso per far riuscire bene il nostro matrimonio. Nel desiderio di conoscerci, di ammettere con maggiore realismo i nostri limiti, è già all’opera la sua grazia. Ed è il modo con cui noi ci rendiamo concretamente disponibili e docili all’azione della grazia. La sua grazia non agisce “scavalcando” la nostra psicologia, ma migliorando la nostra stessa personalità, la rende adatta a lasciar passare il suo amore, rendendoci progressivamente più simili a lui nel voler bene al nostro partner. In questo modo la nostra capacità di amare l’altro si approfondisce e si purifica da tutti i condizionamenti psicologici, da tutte le dinamiche affettive che limitano o inquinano la nostra capacità di mantenere fede alla promessa matrimoniale.
Nel sacramento del matrimonio Dio ci chiede di accettare come regalo di nozze da parte sua una promessa: la promessa di aiutarci a rendere valida, operante ed effettiva la reciproca promessa di amarci e di aiutarci, che rischia di fallire, compromessa com’è da tutti i nostri limiti umani. E’ come se nel sacramento ricevessimo da Lui il software “come amare lei / lui“ con le seguenti caratteristiche: è gratis, compatibile con il nostro computer, con garanzia illimitata, eterna addirittura. Se accettiamo di installare questo programma di assistenza, è come se il Suo modo di conoscere il coniuge e la Sua voglia di spenderci per la sua realizzazione passasse progressivamente dentro di noi facendoci diventare capaci di amarlo “coma lo ama lui”.
Perchè così ha deciso irrevocabilmente: di servirsi di noi per far sentire amata l’altra persona e per dargli un anticipo di salvezza, proprio attraverso di noi. Attraverso l’umile lavoro sulla nostra umanità creiamo le condizioni perché la grazia possa agire in noi, e attraverso il nostro carattere possa fluire un amore più puro, più forte , più libero, più simile al Suo. Arrivando, poco per volta, ad amare da Dio.
Le riflessioni di cui sopra sono liberamente ridotte ed adattate da un testo del dott. Osvaldo Poli, www.osvaldopoli.com
Il senso della vita è l’amore e il senso di una vita insieme al proprio coniuge è custodire l'uno il destino dell’altro. L'esperienza dell’amore coniugale è un’esperienza di gratuità, in quanto il bene fondamentale del matrimonio, l’amore, è innanzitutto un dono. Il dono chiama alla responsabilità, che porta ad accogliere il proprio coniuge nella propria intimità, fisica e spirituale, a diventare capaci di generare sia nello spirito che nella carne. Si genera l’altro quando, senza pretese, lo si aiuta a scoprire la verità e la grandezza della sua persona e del suo destino. L'amore degli sposi ha fondamentalmente 4 caratteristiche:
- è umano,
- è totale,
- è fedele
- è fecondo.
Camminare lungo la strada dell’amore coniugale equivale a liberare le sue caratteristiche. Nel seguito sono riportate alcune citazioni significative di chi, sapientemente, ha riflettuto sull'amore coniugale.
1) L'amore coniugale è "umano” e cioè nello stesso tempo sensibile e spirituale
L’amore non è soltanto una cosa spontanea o istintiva: è scelta da confermare costantemente. Quando un uomo e una donna sono uniti da un vero amore, ognuno assume su di sé il destino, il futuro dell’altro come proprio, a costo di fatiche e sofferenze, perché l’altro “abbia la vita e l’abbia in abbondanza” (Gv 10,10).
1) L'amore coniugale è "umano” e cioè nello stesso tempo sensibile e spirituale
L’amore non è soltanto una cosa spontanea o istintiva: è scelta da confermare costantemente. Quando un uomo e una donna sono uniti da un vero amore, ognuno assume su di sé il destino, il futuro dell’altro come proprio, a costo di fatiche e sofferenze, perché l’altro “abbia la vita e l’abbia in abbondanza” (Gv 10,10).
San Giovanni Paolo II
L’istinto sessuale è un dono di Dio. Amare significa desiderare il bene dell’altro, offrire se stessi per il bene dell’altro. L’amore non è una fantasia; in quanto legato al desiderio, trova in esso una garanzia del suo prolungamento nella generazione della vita di una nuova persona. Se rispettiamo il desiderio all’interno dell’amore, non violeremo l’amore, non lo porteremo alla rovina.
San Giovanni Paolo II
L’amore di una creatura non può creare nulla in noi. Ma può farvi nascere tutto. Senza l’intervento di un’anima estranea, senza un calore proveniente dall’esterno, i nostri tesori più occulti rimarrebbero eternamente infruttuosi. Chi non è mai giunto in fondo a se stesso grazie all’aiuto di un altro? Chi non è in grado di dire all’amico o all’amata: “Tu m’hai restituito a me stesso e io ho ricevuto la mia anima dalle tue mani?"
Gustave Thibon, filosofo contadino
2) L’amore coniugale è “totale” e cioè si ama il coniuge per sé stesso
Una persona (di sesso contrario) non può rappresentare per un’altra solo un mezzo che serva a raggiungere lo scopo del piacere o della voluttà sessuale. La convinzione che l’uomo sia una persona ci porta ad accettare la subordinazione del godimento all’amore. Gustare il piacere sessuale senza tuttavia trattare la persona come un oggetto di godimento.
San Giovanni Paolo II
Il sacrificio è sempre la misura dell’amore, mentre l’atto sessuale può essere totalmente privato dell’amore benché dia il piacere.
Wanda Połtawska, psichiatra
Lo sposo e la sposa sono chiamati ad essere “ostetrici” tra di loro: cioè a tirar fuori ciascuno il meglio dall’altro.
Flora Gualdani, ostetrica
3) L’amore coniugale è “fedele” e cioè esclusivo fino alla morte
Queste fedi nuziali sono come l’ultimo anello della catena che li legherà, di più, li salderà l’uno all’altra, vogliono esprimere questo. L’amore li condanna a questo legame, a questa “saldatura”. Sono saldati l’uno all’altra per tutta la loro esistenza terrena. Nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore.
San Giovanni Paolo II
La cultura consumistica e i suoi portavoce consiglierebbero di gettare “l’oggetto” disobbediente (in questo caso, il partner) e di sostituirlo con un altro “nuovo e più avanzato”. Uomini e donne che hanno confuso l’unione tra persone con la relazione cliente-merce potrebbero comunque aprire gli occhi: per quante spine possa aver avuto la rosa del loro stare insieme, la sua incantevole fragranza valeva una o due punture ogni tanto e qualche goccia di sangue.
Zygmunt Bauman, sociologo e filosofo
La famiglia è l’unico sistema in cui, a differenza del resto delle situazioni, si fa il tifo perché vinca l’altro.
Costanza Miriano, giornalista, scrittrice, blogger
4) L’amore coniugale è “fecondo” e cioè destinato per sua stessa natura alla procreazione
La natura è così piena di segreti che un poeta o un musicista le è più vicino di uno scienziato, perché si ricorda ciò che gli ha dato Dio.
Erwin Chargaff, biochimico
Nel sistema riproduttivo scopriamo un’indicazione del disegno del Creatore.
San Giovanni Paolo II
Il concetto di regolazione moralmente retta della fertilità non è altro che la rilettura del “linguaggio del corpo” nella verità. Gli stessi ritmi naturali immanenti alle funzioni generative appartengono alla verità oggettiva di quel linguaggio, che le persone interessate dovrebbero rileggere nel suo pieno contenuto oggettivo. Bisogna tener presente che il corpo parla.
San Giovanni Paolo II
Due sono i tabernacoli della terra, l’uno dove abita l’Autore della vita. L’altro: il grembo di una donna dove germoglia la vita. Due sono gli altari: quello dove il sacerdote è ministro della Vita, e il letto nuziale dove gli sposi amministrano la trasmissione della vita.
Flora Gualdani, ostetrica
In questo modo, la donna si sarà resa conto di quanto noi stimiamo il tesoro della sua fertilità, ben al di là del fatto di averla come cliente o no. Vi posso dire che questa è la verità, ho visto negli occhi delle mie pazienti quanto una donna sia sensibile all'omaggio reso alla bellezza della sua dignità femminile.
Etienne Lezy, medico
C’è un tempo per abbracciare ed un tempo per astenersi dagli abbracci
Qoèlet 3,5
Se la castità coniugale si manifesta dapprima come capacità di resistere alla concupiscenza della carne, in seguito essa gradualmente si rileva quale singolare capacità di percepire, amare e attuare quei significati del «linguaggio del corpo», che rimangono del tutto sconosciuti alla concupiscenza stessa e che progressivamente arricchiscono il dialogo sponsale dei coniugi, purificandolo, approfondendolo ed insieme semplificandolo.
San Giovanni Paolo II